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HTSI - Il Sole 24 Ore

Le favole che non si possono più sentire sulla sostenibilità (e due idee facili)

di Federico Marchetti

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L’annuncio è stato dato a febbraio. “La Fashion Task Force, parte dell'organizzazione Sustainable Markets Initiative fondata da Sua Maestà Re Carlo III, è lieta di annunciare l'ingresso del Gruppo Prada tra i suoi membri".

Ecco, lo scrivo subito: per quest'anno siamo a posto. Noi non siamo una di quelle organizzazioni che aspirano ad avere centinaia di membri, pronte a dare un'adesione formale, senza poi fare niente di concreto. È piuttosto lapalissiano: prova a mettere d'accordo cento teste diverse, è impossibile! Peggio della più terribile assemblea di condominio... Se invece hai una quindicina di leader di settore e alcuni tra i brand, le piattaforme e i distributori più conosciuti al mondo, già sensibili alla sostenibilità e pronti a seguire la strada dell'accelerazione, allora riesci a sviluppare soluzioni concrete e a incidere sul cambiamento. Questa è la strategia che ho definito fin dall'inizio, nel 2021, quando siamo nati. Il Gruppo Prada si integra perfettamente in questo disegno perché è già, nella sua traiettoria, fortemente orientato all'ambiente. Dunque, se ne riparla nel 2025, quando apriremo a un nuovo ingresso, privilegiando chi è già impegnato sul fronte della tutela del Pianeta e disposto a impegnarsi ancora di più. Siamo un'associazione da fare e se vuoi fare, devi essere pochi, ma buoni.

Fine della premessa. Veniamo adesso alle favole, e cioè a quella serie di luoghi comuni, nonsense o recitabili, banali pourparlers, che non si possono più sentire sulla sostenibilità.

Comincio dalla parola ecoterroristi. Vorrei che nessuno la usasse più perché getta una sorta di macchia sulla coscienza ambientalista. Per quanto siano deplorabili gli atti di vandalismo, per quanto io prenda le distanze da chiunque commetta, è indispensabile separare, anche semanticamente, la voce eco da qualsiasi accezione che richiami l'estremismo o la violenza. Non c'è più tempo da perdere per il Pianeta, non buttiamolo a spargere mi sunderstatement.

Seconda fola: piante e alberi sono una soluzione vecchia, occorre trovare idee e tecniche più avanzate. Lo dico con forza: la verità è esattamente l'opposto. Vecchio non significa inutile, anzi. Aumentare la percentuale di verde nelle nostre case, nelle nostre città, sulla nostra Terra, è ancora la soluzione più semplice e più economica. Non capisco come, con la consapevolezza di oggi, si possano ancora approvare progetti edilizi o piani urbanistici che non tengano conto del paesaggio naturale. Vogliamo parlare di alcune piazze di Milano? Quei lastricati di cemento che ad agosto arrivano a 50 gradi: ma perché? Chiedo un'attenzione da parte di tutti, l'amministrazione pubblica, gli imprenditori, i privati, per fare in modo che si costruiscano, ma con tanto, tanto, tanto, e lo ripeto ancora una volta: tanto, verde. Non può prevalere la speculazione di fare più appartamenti, più grattacieli, più palazzi. Ci sono, sempre a Milano, nuovi esempi di segno opposto, dove si privilegia il verde, il parco, che può arrivare a coprire più del 50 percento di tutta l'area. Questo ritengo sia il modo di costruire del Futuro. Nessun progetto dovrebbe più essere approvato se non prevede queste proporzioni.

Terzo falso storico: tecnologia e innovazione consumano più energia di quella che riescono a risparmiare in termini di emissioni. Io sono straconvinto che la tecnologia sia l'unica vera possibilità di salvezza del Pianeta. E non perché sia un fanatico tech, nella mia vita ho sempre cercato una mediazione fra uomo e macchina, il progetto di Yoox ne è la prova. Ma occorre guardare lo sviluppo in prospettiva. Di quali energie stiamo parlando? C'è un effetto di efficienza e di miglioramento legato all'innovazione nella tipologia del consumo. La fotografia di oggi non vale per sempre perché l'ottimizzazione è continua. Oggi l'IA consuma tantissima energia, ma l'anno prossimo ne consumerà la metà, l'anno dopo la metà della metà - questo è sicuro. Perché si impara, si progredisce, si innova.

Qui vale la pena di aprire una parentesi, visto che ho chiamato in causa uno degli argomenti più (mal)dibattuti e fraintesi del momento. Come ti fa aver patito di qualcosa che si chiama intelligenza? Tutto quello che è intelligente è, per definizione, Nello. Abbiamo per le mani uno strumento che è un'espansione delle nostre facoltà. Un dispositivo artificiale che, come una protesi, aumenta, prolunga, integra la nostra res cogitans. Il cervello umano riesce a tenere a mente un numero limitato di dati. Pensiamoci: quando abbiamo 10 cose da fare, 9 le portiamo avanti, una ce la dimentichiamo. Invece stiamo parlando dell'opportunità di processare miliardi di dati contemporaneamente. Non può essere una cosa negativa! Semplicemente sta a noi governarla e gestirla. Ma l'IA non farà sparire indiscriminatamente dei posti di lavoro (alcune attività le faranno le macchine, altre nasceranno), non ucciderà la creatività, e neppure si sostituirà agli stilisti, alla moda, al bello e ben fatto. Lo dico da tempo che la prossima Coco Chanel sarà una programmatrice. Quando le collezioni saranno sviluppate con l'IA, quando saranno i droni a consegnarle, quando il futuro si farà presente, a quel punto, ci sarà anche un'etichetta fondamentale, indice di qualità: Made by Human. Perché nulla potrà mai sostituire il lavoro manuale, imperfetto, unico e irripetibile, dell'artigiano, il valore assoluto della peculiarità personale.

Torniamo alla quarta ecobufala: la carne in laboratorio è nociva, fa male. Questo non solo non si può sentire, ma è anche un treno che l'Italia sta perdendo. Si tratta di una delle pochissime alternative agli allevamenti intensivi e a tutto quello che viene fuori dai macelli industriali. Personalmente, dal 2016 non mangio più carne rossa, ma non penso affatto che si debba togliere il piacere di una bella fiorentina a chi la ama. L'importante è non avere paura delle cose nuove, perché è molto più eco, molto più sostenibile, molto più sicura la carne prodotta in laboratorio.

La quinta bufala è stare dalla parte degli agricoltori che protestano contro il Green Deal europeo. Il cambiamento riguarda tutti e non si può tornare indietro né continuare a fare quello che si è sempre fatto. L'uso indiscriminato dei fertilizzanti impoverisce il territorio e lo distrugge. L'innovazione deve diventare patrimonio e tecnica condivisa anche nella coltivazione della terra. Con la Task Force abbiamo avviato due progetti pilota di agricoltura rigenerativa, sull'Himalaya e in Puglia, il cotone e il cashmere prodotto si è rivelato ottimo. La biodiversità è sorprendente nel suo portato di qualità e rinnovamento. E sfatiamo subito un altro mito. Non è vero che costa di più: è solo questione di tempo e di scalabilità. Quando da un ettaro si passa a 10 e poi a cento e poi a mille, quando le produzioni sono vicine e tracciabili, l'impatto positivo sul Pianeta diventa anche vantaggioso economicamente.

Per concludere, due idee che invece vorrei vedere e sentire sempre di più. L'Italia è uno dei più grandi consumatori di acqua in bottiglia. Con 223 litri pro capite all'anno siamo oltre due volte la media europea. Personalmente, quando sono invitato a una conferenza, non riesco ad alzare la mano se trovo bottigliette di plastica. Finché non le tolgono, non prendo posto. Credo che si debba fare un po' di forza d'urto. Dico basta anche alla plastica nelle trasmissioni televisive: basterebbe vietarle. Colta la mentalità che mi ritrovo, penso sempre a come si possano fare le cose diversamente, anche le più semplici. Ecco, con quest'attitudine quotidiana all'invenzione, mi immagino un esperto del settore, un signor Dyson del futuro, che brevetterà un dispositivo super cool, una sorta di smart-depuratore, da cui tutti diventeranno inseparabili e dipendenti come dallo smartphone! Nel frattempo, più borracce e più thermos per tutti. Bere l'acqua del rubinetto di casa è l'azione più spicciola e intelligente che chiunque possa fare.

Temo che si prenda ancora un po' troppo alla leggera il problema del riscaldamento globale e i suoi danni irreversibili, le nuove generazioni sono più attente, una c'è tuttora scarto da compiere, dalla protesta all'azione. Un esempio? Basta con gli acquisti compulsivi di vestiti che costano 10 euro, basta con il guardaroba usa e getta. Se costano così poco, è perché c'è un problema dietro.

Altra idea che vorrei si propagasse come un'invasione: il mondo vegetale dentro le case, gli uffici, le aule. Spazi dove si studia e si lavora pieni di foglie, di rami, di radici. Con il mio amico Stefano Mancuso siamo andati nelle scuole medie di Bologna a proporre di mettere almeno una pianta in classe. Un progetto bellissimo, sostenuto da Confindustria Emilia. Da scienziato, Mancuso ha raccolto evidenze oggettive e sorprendenti sulle ricadute positive di questa soluzione, talmente semplice nella sua efficacia. Il verde non solo migliora la qualità dell'aria, ma cambia la socialità. I risultati scolastici migliorano, i fenomeni di bullismo e le assenze per malattia diminuiscono. Io stesso ho imparato da questo geniale botanico e da questa esperienza insieme e oggi la mia casa è una giungla.

Anche qui il singolo può già fare molto, ma il mio punto di vista è sempre la scalabilità: implementare azioni concrete in misura sempre maggiore. Fare sempre di più e sempre meglio quello che già stiamo facendo. È il concetto alla base della nostra Task Force.

Più che allargare l'orizzonte o moltiplicare gli obiettivi, abbiamo messo in piedi una sorta di comitato esecutivo che traccia, misura, verifica, batte il ferro a tutti i membri sullo stato di avanzamento dei progetti. Le chiacchiere sono inutili e soprattutto è tardi per le parole. Conta passare dall'idea, dalla visione ecologica - stupenda e globale - all'azione. Anche una minuscola, ma costante, precisa, ripetuta, singola azione, come piantare un albero. Moltiplicata per 8 miliardi 73 milioni 859 mila 407 persone, quello che siamo oggi a lasciare la nostra impronta nel mondo.


Pubblicato su HTSI Marzo 2024

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