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Federico Marchetti: "Tra 15 anni l'etichetta più in voga sarà made by humans"
di Silvia Renda
Intervista al fondatore di Yoox e presidente della Fashion Task Force voluta da Re Carlo III: "Cerchiamo un equilibrio fra tecnologia e umanesimo. Dispiace non esista più un ministero dell'Innovazione. Il futuro va gestito, non fermato. E deve essere compito della politica"
“Innovare significa guardare le cose in maniera diversa, non c’è una necessaria connessione con la tecnologia. È un pensiero laterale che ti permette di mettere in discussione lo status quo e dire: questa cosa può essere fatta meglio, ma come?”. Federico Marchetti se lo chiede da quando ancora frequentava le elementari. Cresciuto da una famiglia della piccolissima borghesia, in una provincia romagnola, con un padre malato di depressione, sin da bambino ha cominciato a utilizzare l’immaginazione per sfuggire da questa realtà. Trovava una via di fuga inventando oggetti fantastici, con cui avrebbe cambiato il mondo. Da adolescente, sfornava idee nuove ogni mese. Un po’ balzane, ammette lui adesso col senno del poi. Per salvare i popoli dalla fame aveva ipotizzato di produrre mozzarelle di bufala dagli gnu, ma purtroppo mungerli non è possibile essendo animali selvaggi. Aveva progettato dei calzini rinforzati, per impedirne l’usura, e un particolare poggiatesta in dotazione agli aerei, per garantire un degno riposo. Crescendo, ha continuato (e continua) a formulare idee nuove, strutturando la sua formazione con una laurea in Economia alla Bocconi e un MIBA alla Columbia. Nel 2000, quando per molti internet era ancora un mondo conosciuto e di Amazon in Italia non se ne parlava, Marchetti ha guardato avanti e avuto l’idea giusta: ha fondato Yoox, azienda italiana leader nel settore delle vendite online di beni di moda, lusso e design. Nel 2021 ha lasciato dopo ventuno anni la guida della sua azienda per affrontare una delle più grandi sfide che l’umanità si trova davanti: la crisi climatica. Oggi è Presidente della Fashion Task Force della Sustainable Markets Initiative, fondata da Re Carlo III. Nel 2017 ha ricevuto dal Presidente della Repubblica Italiana la nomina di Cavaliere del Lavoro. “I miei anni da teenager e il primo periodo all’università li ho passati a formulare idee anche impossibili. Dopo un’esperienza di tre anni in una società americana sono andato a studiare negli Stati Uniti e ho vissuto in prima persona il sogno americano, ma tutto italiano: sono partito da zero, senza conoscenze”, racconta ad HuffPost Marchetti, che della sua vita piena di imprevisti, casualità, sliding doors, successi ed errori inevitabili ha raccontato nel libro Le Avventure di un Innovatore (Longanesi Editore), “Durante il master alla Columbia ho avuto modo di ragionare meglio. Internet era agli albori, Amazon vendeva quattro libri in croce e lì finalmente è arrivata l’idea giusta. Sapevo che internet avrebbe dato il via a una rivoluzione e sapevo di non avere soldi. Ma in quegli anni era possibile ottenere finanziamenti milionari anche partendo da zero. Ho preso questo treno in corsa che era internet, mettendo insieme la mia italianità, la tecnologia e le emozioni della moda”. In 21 anni di Yoox ha continuato a innovare. Nel 2005 ha inventato i negozi monomarca digitali, come armani.com, sino a ospitare tutti i più grossi marchi sulla sua piattaforma. Cose che oggi ci appaiono consuete ma un tempo non lo erano. Ha lanciato il primo fashion film e fatto tanto altro ancora: “Quando ho cominciato io non c’era nessuno: non c’era Facebook, Instagram, non c’era Amazon Italia. Adesso l’e-commerce è quotidiano ed è diventato maturo. Nel 2018 mi sono guardato dentro e mi sono chiesto se fossi un manager o un imprenditore. Mi sono risposto che sono un uomo di idee più che un uomo di gestione quotidiana. Nel frattempo, avevo comprato anche il nostro concorrente inglese, Net-A-Porter, e Yoox era diventato un gruppo da quasi 3 miliardi di fatturato, un’azienda da 5mila dipendenti. È arrivata un’offerta dal proprietario di Cartier, Richemont, e con il mio consiglio di amministrazione e tutti gli azionisti abbiamo deciso di accettare. Nei successivi tre anni ho pianificato l’uscita, aprendo a un piano di successione”.
Federico Marchetti, nell’intelligenza artificiale ritrova la forza rivoluzionaria che aveva riconosciuto in internet?
In qualche maniera l'e-commerce sta al ‘99, come l’intelligenza artificiale sta al 2022. Nella Silicon Valley si utilizzerebbe un termine desueto, disruptive: qualcosa che trasformerà l’industria, il lavoro, le persone e quindi anche il mondo. L’intelligenza artificiale avrà tutte le potenzialità per cambiarlo, ma credo sia sempre necessario un bilanciamento. Un equilibrio che io ho sempre cercato di ottenere, tra la tecnologia più spinta e l’umanesimo. Sarà necessario ricercarlo anche con l’intelligenza artificiale. Se spingeremo troppo ci sarà un’indigestione da parte di noi umani e preferiremo fare due passi indietro. Ci piacerà tornare ad abbracciare le persone e incontrarle dal vivo. Leggere libri di carta e così via. Il bilanciamento è la chiave di tutto. Io ho cominciato nel 2016 a utilizzare l’intelligenza artificiale. Attraverso un processo di machine learning, con l’aiuto dei nostri stylist sparsi per il mondo che suggerivano abbinamenti di abiti, abbiamo istruito la macchina ad avere gusto. Lo scopo non era soppiantare gli stylist, ma fornire informazioni ai personal shopper, per aiutarli nei consigli da offrire ai clienti.
È un timore diffuso che l’intelligenza artificiale possa fagocitare la creatività umana. Che valore acquisterà l’etichetta made by humans, di cui ipotizza l’utilizzo nel suo libro?
Durante il Covid l'e-commerce l’ha fatta da padrone. Ma l’acquisto online non si è solidificato come abitudine, anzi. La gente ha fatto indigestione di e-commerce e adesso ha piacere ad andare nei negozi fisici per i suoi acquisti. Spotify doveva soppiantare qualsiasi altro dispositivo musicale, invece adesso stanno tornando di moda i vinili. Le piattaforme dovevano uccidere il cinema, ma le sale stanno tornando a riempirsi. Diventerà tutto molto tecnologico, ma l’importanza del fatto a mano sarà sempre maggiore, anche le imperfezioni acquisiranno valore perché evidenziano una fabbricazione umana. L’etichetta più in voga tra 15 anni sarà “made by humans”, perché denoterà qualcosa di unico.
L’Economist in un articolo ha sostenuto che l’intelligenza artificiale generativa ha bisogno di un nuovo dispositivo e l’iPhone non è all’altezza di questa sfida. Va più veloce l’innovazione delle aziende?
Secondo me non si può generalizzare, c’è sempre chi è più avanti o più indietro. Chi poi recupera e chi arranca. Dopo un mese e mezzo dal lancio di Yoox secondo molti l'e-commerce era già finito, mentre sei mesi prima c’era chi diceva non sarebbero più esistiti i negozi. Ci sono esagerazioni quando si parla di tecnologia perché chi parla di tecnologia alle volte non ci capisce nulla. Ci sarà una grande accelerazione, ma ci salveremo tutti.
E sarà l’innovazione a salvarci dal cambiamento climatico?
Certo, è quello che sto studiando per conto della Corona d’Inghilterra, con cui lavoro per dare una mano sull’ambiente e sul cambiamento climatico. La sostenibilità è la mia priorità. Innovazione vuol dire anche innovare il pensiero: guardare qualcosa e cercare un modo diverso per farla. Tecnologia e innovazione scardineranno certi vecchi processi e modi di pensare.
Qual è l’innovazione di cui va più ero?
Non posso dire sia la prossima e quale sia, in questo mondo di copioni. Quindi dico l’ultima: il passaporto digitale della moda. Come era stato 20 anni fa con Yoox, può cambiare il mondo del fashion, renderlo più trasparente, con zero greenwashing. I consumatori possono finalmente fare scelte consapevoli. Attraverso un semplice procedimento è possibile scoprire da dove viene qualsiasi capo, che strada ha fatto per arrivare dov’è, chi lo ha costruito e disegnato, da quali materiali è composto, dove e da chi è stato prodotto. Quando ho messo insieme questa task force per conto del Re, ho ottenuto l’impegno da parte di tutti i membri della Taskforce al G20, di inserire il passaporto digitale nei capi dei loro negozi. I clienti avranno finalmente tutte le informazioni per fare scelte responsabili, che prima non avevano.
La formazione all’estero è stata per lei molto importante. Nel suo libro accenna all’uso delle parole patria e sovranità: le trova limitanti per l’innovazione in questo periodo storico?
Ai giovani e a chiunque voglia cambiar vita dico che se vogliono fondare una start up, è fondamentale non pensare solo all’Italia. Perché l’Italia rispetto al mondo è piccola e il piccolo rischia di sparire. Io sono partito dall’Italia e senza la moda italiana non sarei riuscito a fare ciò che ho fatto, ma dal primo giorno il sito di Yoox prevedeva la scelta di navigazione con lingua italiana o inglese e vendeva in tutta Europa. Si creano aziende destinate a durare per sempre guardando oltre il proprio ombelico. Per quanto riguarda patria e sovranità, mi dispiace molto che non ci sia più un ministero dell’Innovazione. La tecnologia riguarda tutto il mondo e il futuro va gestito, non fermato. E chi può gestirlo al meglio se non la politica e statisti intelligenti?
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