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Il Foglio

Sulla moda pulita possiamo permetterci di dare lezioni

di Antonio Mancinelli

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Foto di LaPresse

Federico Marchetti, che si definisce "uno squalo travestito da pesciolino", è anche l'uomo che ha inventato il passaporto digitale per i vestiti e che presiede la Fashion Task Force della Sustainable Markets Initiative voluta da re Carlo III. Di Cina e India si fida pochissimo. E ha parecchio da dire anche sulla moltiplicazione degli appuntamenti dei grandi marchi.

Sorseggia un caffè seduto al tavolino del bar del centro di Milano in posa plastica: abito Armani color sabbia, occhiali dalla montatura sottile, fisico snello di chi riesce a trovare il tempo per andare in palestra in un agenda pur fittissima, voce pacata e toni confidenziali ma s'intuisce inflessibili. "Uno squalo travestito da pesciolino", si definisce Federico Marchetti nell'autobiografia "Le avventure di un innovatore" scritta con Daniela Hamati. Ma la metafora va intesa come necessità di non smettere di nuotare, nel business del lusso se ti fermi affondi".

Ravennate, nato nel 1569, per diventare il gentleman di oggi ha studiato, mentre non studiava affatto ma era sempre il primo della classe già in tenera età. Le mitologie romagnole lo tramandano come dotato di ingegno leonardesco fin da bambino, tanto che a scuola si sforzava di farsi dare un risicato sei alle interrogazioni, per non farsi bollare dalle ragazze come quello che in realtà era ed e rimasto: "Un secchione".

Oggi se lo dice da solo e anche con un certo compiacimento anche nel libro, dove insiste molto sulla fenomenologia di sé come vittorioso self made man. Il papà Giancarlo era capo magazziniere della Fiat a Ravenna, la mamma Lidia telefonista alla Sip, trascorreva le estati solo ai Bagni BB King di Punta Marina, facendo grandi partite a tennis, insomma vita di provincia. Afferma di essere un avvocato mancato, ma contemporaneamente attesta che si è preparato per l'intervista "perché quelli del "Foglio" sono precisi" anche se poi, si lascia volutamente sfuggire un "Era ora, finalmente!" quando gli chiediamo che cosa pensi delle leggi approvate dal Parlamento Europeo che riguardano la moda.

Sono quelle che prendono in esame la progettazione e eco-compatibile, il monitoraggio della filiera e delle catene di approvvigionamento, la diffusione di informazioni attendibili su prodotti che, in passato, venivano definiti solo “green” che porteranno le aziende, entro il 2030, ad adottare i propri prodotti di un passaporto digitale. Proprio lo stesso che lui sostiene di aver utilizzato “dal 2017, quando ho deciso di utilizzare un sistema che consentisse ai clienti, utilizzando una semplice scansione con lo smartphone, di accedere a tutte le informazioni informazioni su ogni singolo capo“.

A Marchetti interessa più parlare di Europa che di Unione Europea: “siamo piccoli, abbiamo meno risposte rispetto agli enormi apparati produttivi di abbigliamento in Cina, in India e in generale dell’estremo oriente; ma se iniziamo a essere di esempio, tutto il pianeta andrà migliorando: in fondo, il nostro compito è questo, dare il buon esempio. Il problema casomai è un altro“.

Pubblicato su Il Foglio

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