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Il Resto del Carlino

Federico Marchetti da Yoox alla corte di Re Carlo. "Innovare è un’avventura"

di Valerio Baroncini

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Aprì le porte del web alla moda. Ora l’impegno con il sovrano per il fashion sostenibile

Bologna, 16 ottobre 2023 – Quando Internet non era ancora Internet, i social non esistevano e la moda era relegata soprattutto alle boutique di lusso – quelle alla ‘Pretty woman’, puzza sotto il naso e creature inaccessibili –, un giovane uomo scommette tutto sulle sue idee. Si chiama Federico Marchetti, ha 31 anni, e da un ufficetto-magazzino a ridosso del fiume Reno, a Casalecchio nella periferia di Bologna, lancia un’avventura destinata a cambiare il mondo dell’e-commerce e del lusso: Yoox. E ora che Marchetti la sua ‘bambina’ l’ha ceduta e il suo status di imprenditore digitale da sempre attento al green ne ha fatto un esempio anche per il Re Carlo (per cui presiede la task force globale per la moda sostenibile) si prende la libertà di raccontarsi e raccontare un mondo mutato più volte.

‘Le avventure di un innovatore’ (Longanesi) è il titolo del suo libro: ci racconti gli snodi della sua vita di innovatore.

"Parafrasando il titolo del libro, potrei dire che innovare è sempre un’avventura. Quando credi di aver raggiunto un risultato spesso ti accorgi che è un traguardo effimero e che il baratro è dietro l’angolo. Ma tutto questo è meraviglioso, adrenalinico".

Non le dà la vertigine?

"Quando nel 2000 per il lancio di Yoox abbiamo fatto il primo countdown per mettere il sito on line, il tentativo è fallito. Ne abbiamo fatto un secondo ed è fallito anche quello. Al terzo stavamo per svenire, quando all’improvviso Yoox è andato on line, i capi erano visibili e acquistabili dai clienti e dopo poco è entrato il primo ordine dall’Olanda. Non ricordo emozione più forte".

Altre due esperienze?

"Sicuramente una è aver portato su Internet l’intero mondo della moda creando i loro siti internet e gestendo il loro e-commerce. Il fashion così restio al digitale era entrato nel XXI secolo. La terza è stata quando, dopo l’incontro con Re Carlo III, allora era principe, sono riuscito a creare un progetto dove dati e intelligenza artificiale, si sono sposati con un’altissima artigianalità, ‘The Modern Artisan’".

Da Ravenna agli Usa fino a Yoox e al jet set: quanto le è servito essere romagnolo, bizantino, nella vita?

"Moltissimo. Io dico sempre che sono romagnolo per nascita, americano per scelta e italiano per Dna. Questo mix mi ha concesso di creare una mia impresa che racchiudesse queste tre matrici per me irrinunciabili. Noi romagnoli amiamo la contrattazione, ma abbiamo i piedi ben piantati per terra. Io ho stretto accordi con persone molto potenti senza mai sentirmi inferiore a nessuno. Sono ancora il ragazzo che gioca sulla spiaggia di Punta Marina a Ravenna, vende la sua collezione di Topolino e torna a casa felice perché è riuscito a convincere i suoi clienti ad acquistarla, ma sono anche l’imprenditore che sa farsi valere".

Se dovesse condensarlo in una formula?

"Direi: non cambiare, non cercare di essere diverso da quello che sei".

Yoox l’ha portata a governare l’e-commerce del lusso nel mondo. Come nacque l’idea?

"Durante il Master alla Columbia University di New York avevo elaborato diversi progetti d’impresa e tentato di farmi assumere alla Disney in America. Ma i progetti non mi convincevano e la Disney non mi prese in considerazione. Negli Stati Uniti avevo però capito che Internet e il digitale stavano decollando e che qualsiasi area avessi scelto la dovevo incrociare con il Web. Quando tornai in Italia ero infelice del mio lavoro nella società di consulenza e così tutte le sere, quando tornavo a casa, passavo in rassegna i settori in cui l’Italia era forte. La moda mi sembrò quello più giusto. Potevamo dare una nuova vita ai vestiti e cambiare i comportamenti".

E i finanziamenti?

"Bussai a molte porte, invano, fino a che sulle Pagine Gialle trovai il numero di Elserino Piol, il più innovativo e importante venture capital italiano: lo chiamai mi diede tre miliardi di vecchie lire in cambio del 33% dell’azienda e tre mesi per avviarla. Lì iniziò l’avventura".

All’apice del successo ha venduto la sua start up. Perché?

"Yoox era davvero come un figlio: l’ho amato, accudito, mi sono dedicato full time a farlo crescere, a renderlo grande e autonomo. Quando ho acquisito Net-A-Porter, abbiamo fatto un salto di qualità, siamo diventati leader dell’e-commerce di lusso nel mondo, ma il mio cuore batteva allo stesso modo per i due rami dell’azienda. Poi come succede per i figli, arriva il momento di lasciarli andare".

La sua è una storia di grande successo, ma anche piedi per terra, riservatezza, impegno per gli altri. C’è un momento in cui si è sentito sconfitto?

"Di cadute ne ho avute tante. Ho finito i soldi diverse volte, hanno tentato di scipparmi l’azienda, di lasciarmi con un pugno di mosche, ma io non ho mai mollato. Mi sono rialzato e ho continuato a lottare giorno per giorno, per me, per le persone che avevo coinvolto – quasi tutti romagnoli all’inizio – e perché credevo che la mia fosse un’idea vincente. Fare impresa senza sbagliare è impossibile. Ho sbagliato quando sono andato in Cina troppo presto e senza un partner locale forte, quando ho assunto dei manager prima della quotazione che credevo forti invece non capivano cos’era Yoox".

Dall’intelligenza artificiale ai big data: molti hanno paura del futuro e delle nuove tecnologie. A lei capita mai?

"Io non ho paura La tecnologia è un mezzo potente che a volte sembra più forte e performa nte di noi, ma non dimentichiamo che siamo noi che decidiamo cosa mettere dentro alle macchine, come governarle e utilizzarle. Come dice il filosofo Luciano Floridi. "Il computer gioca a scacchi meglio di noi, ma non è saper giocare a scacchi che ci rende eccezionali, è magari il desiderio di giocarci, il fatto che vorremmo vincere o che gioco peggio perché gioco con mia nipote e voglio che vinca lei".

Il nostro Paese non ha un mi nistero all’innovazione. Cosa servirebbe per modernizzare l’Italia?

"Non solo il ministero dovrebbe esserci, ma dovrebbe avere le risorse per dotare il Paese di una banda larga davvero capillare nelle zone più remote e svantaggiate, ma anche semplicemente fuori dai grandi centri urbani. Bisognerebbe sfruttare fino in fondo gli sviluppi del 5G e dell’intelligenza artificiale. Come creare nuove professionalità e dare una prospettiva ai giovani".

Pubblicato su IlRestoDelCarlino.it

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