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Living Corriere

Federico Marchetti, l’outsider

di Elisabetta Colombo

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Illustrazione di Javi Aznarez

L’uomo che nel 2000 ha portato la moda sul web, guarda al futuro. Cosa vede? Case piene di alberi, tecnologia calda, etichette digitali, una nuova generazione di artigiani esperti di big data e il ritorno dell’umanesimo, dopo la grande abbuffata di Intelligenza Artificiale.

Classe 1969, studi in Bocconi e alla Columbia Business School, Federico Marchetti è un imprenditore italiano, pioniere della tecnologia. Fondatore di Yoox, il primo sito di e-commerce che, nel 2000, quando Internet era solo all’inizio, ha portato la moda sul web, rivoluzionando di fatto l’intero settore.

Oggi presidente della Fashion Task Force voluta da Re Carlo III a favore della sostenibilità e membro del consiglio di amministrazione della Giorgio Armani S.p.A. In libreria, in questi giorni, con Le avventure di un innovatore, edito da Longanesi.

Siamo tutti in attesa che l’intelligenza artificiale ci cambi la vita. Lei che aspettative ha?

Penso che darà una grande accelerazione a tutta la parte tecnologica della nostra vita quotidiana, ma la spingerà talmente avanti che causerà un effetto boomerang. Tra qualche anno, ci troveremo di fronte a una sorta di nuovo rinascimento dell’umanesimo: l’uomo che torna umano post Intelligenza Artificiale. Dopo avere parlato solo con dischi registrati e modulati dall’IA, cercheremo un amico con cui fare due chiacchiere, guardandoci negli occhi, abbracciarci.

Dobbiamo disumanizzarci per tornare umani?

È sempre successo, è la nostra forma di sopravvivenza. Come le scimmie di 2001 Odissea nello spazio che distruggono il monolite atterrato sulla terra. Così, finito il Covid, abbiamo lasciato l’e-commerce per tornare nei negozi e le piattaforme di streaming per andare al cinema. Così il vinile è diventato un oggetto da collezione dopo essere uscito di produzione. Sono flussi continui.

Nel frattempo, che ne sarà della nostra creatività?

Tempo fa ho detto una frase che è piaciuta molto: la prossima Coco Chanel è già nata e sarà una programmatrice. Ne sono convinto. Quando però sarà tutto robotizzato, quando gli abiti saranno disegnati dagli algoritmi, stampati in 3D e consegnati con i droni, quando guardandoli capiremo che sono anonime uniformi, allora andremo a cercare il piccolo artigiano per farci realizzare una cosa speciale, solo per noi, e il made by humans avrà un valore inestimabile.

LA PROSSIMA COCO CHANEL È GIÀ NATA E SARÀ UNA PROGRAMMATRICE

Gli artigiani quindi non si estinguono?

Al contrario, diventeranno moderni, come The Modern Artisan, il progetto pensato assieme al principe Carlo per dotare chi lavora con le mani di tutti gli strumenti necessari ad avere successo nell’ambiente digitale di oggi: big data, web marketing, algoritmi. È giusto che anche in questo mestiere i giovani si aggiornino. Potrebbe diventare un modello.

Crede nella collaborazione uomo-macchina?

È il filo conduttore di tutta la mia carriera. Il nome Yoox per esempio tiene conto dei cromosomi di uomo e donna, Y e X, e li mischia alla O, che può essere lo zero del codice binario. Il DNA della tecnologia è racchiuso dal DNA umano. L’uomo guida la macchina, non il contrario. Quello che succederà prossimamente è che ciascuno di noi avrà un robot per amico.

Lei ha insegnato alla macchina ad abbinare i vestiti, ma nel 1999 l’intelligenza artificiale avrebbe potuto inventare Yoox?

No, Yoox non sarebbe mai stata inventata da IA e neppure dagli americani della Silicon Valley. Lì c’è l’high-tech, mentre l’e-commerce all’italiana è tecnologia calda. Emozioni, creatività, design, un po’ come la Ferrari. Messi assieme, italiani e americani, potrebbero avere la prossima grande idea.

Il vero salto di qualità con IA dove lo faremo?

Nella medicina probabilmente. Alcuni device hanno già cambiato la vita delle persone, aiutato molti disabili. IA potrebbe fare un ulteriore passo in avanti. Pensiamo ai dati, alle statistiche, potrebbe addirittura aiutarci a vivere più a lungo.

Qual è l’errore da evitare con la tecnologia?

Non governarla, lasciare che resti fine a se stessa.

È davvero convinto che sia la migliore alleata della sostenibilità?

Consideriamo questo scenario: non cambiamo niente, continuiamo a fare le stesse cose di sempre, pensare alla decrescita è fuori discussione. Nessuno che abbia un’azienda potrà mai decidere di fare un -20%. Cos’è, allora, che può aiutarci a migliorare l’ambiente mantenendo la barra dritta sulla crescita? La tecnologia, meglio ancora l’innovazione, anche solo di pensiero.

Facciamo un esempio.

Il passaporto digitale, un piccolo tool a cui sto lavorando da qualche anno. Tramite QR Code o blockchain permetterà ai consumatori di conoscere la storia di un capo di moda, dalla provenienza a come rivenderlo, con l’obiettivo di allungargli la vita. Scherzosamente me lo immagino come l’ologramma della principessa Leila che esce da R2-D2. Nella realtà invece segnerà la fine del greenwashing e l’inizio della trasparenza e della tracciabilità di tutta la filiera. Sa cosa significa per una casa di moda? Che piano piano verranno vivisezionati tutti i passaggi e ci si accorgerà che il cotone anziché importarlo dal Brasile, sarà più conveniente produrlo in Puglia. È una cosa rivoluzionaria, che può veramente cambiare le cose, a partire dalla base, dai clienti finali. Se culturalmente questa etichetta diventa un domino e tutti i brand la adottano, può entrare nelle catene di fast fashion e arrivare a contaminare altri settori. È già stata intercettata da un produttore di batterie elettriche.

La sostenibilità diventerà di moda prima o poi?

Me lo auguro. Il cambiamento però costa fatica. Nei periodi di incertezza, poi, ci sono sempre altre priorità. Dobbiamo fare in modo che il tema resti caldo e noi tutti dobbiamo diventare attivisti, anche nelle piccole cose. È sbagliato pensare che la sostenibilità sia un costo e non un investimento.

Scenari di possibili case del futuro?

Me le immagino piene di piante. Fanno stare bene, è accertato. Il botanico Stefano Mancuso ha eseguito una ricerca in alcune scuole della Norvegia, dividendo gli studenti in test A-aule con le piante e test B-aule senza piante. Dopo sei mesi i risultati hanno dimostrato che nelle aule green sono migliorati voti, rendimento e relazione tra le persone.

I viaggi invece dove li faremo: su Marte, nel Metaverso, sul divano collegati a Google Earth?

Piuttosto che scappare dal pianeta, credo che sia più importante cercare di salvarlo e recuperare il ritardo sul cambiamento climatico. Quando mi dicono che un grado e mezzo in più nel 2030 non è tanto, faccio un esempio pratico: proviamo ad aggiungere un grado e mezzo alla nostra temperatura corporea, come ci si sente? C’è da riflettere.

Qual è l’algoritmo di Federico Marchetti?

Non ne ho. Vado di immaginazione unita a una logica quasi computerizzata. Convivono nella mia testa e mi hanno permesso di progettare l’e-commerce in Italia in tempi non sospetti, quando non esisteva nulla e Amazon, online, vendeva solo libri.

Pubblicato su Living.Corriere.it

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